martedì 20 novembre 2007

Bar Claudio/1. Scopiazzature da gente molto più in gamba di me

Bancone di formica laccato verdino, sedie di legno nero e vimini, tavolini incellophanati che così si puliscono prima. In un angolo i giornali di oggi – il Messaggero e Il Corriere dello sport, e come ti sbagli? – tutti spiegazzati, sporchi di grasso d’automobile – Gino il carrozziere – e unti di patatine e tramezzino, segno che la giornata è quasi finita. Io e Claudio ai due lati del bancone, ciascuno al suo posto, consapevole del suo ruolo. Un bicchiere a testa, rosso per me, che non è mai troppo presto per un goccio di quello buono, cedrata per lui, che ancora c’è da pulire tutto e buttare la spazzatura.
La porta si apre, entrano gli anni ’70: 1,80 per un quintale almeno, avvolto in un pesante loden verde scuro, occhiali di corno spessi quanto una bottiglia di ferrarelle, di quelle che ti portava a casa il garzone nella cassa gialla, tutte verdi di cui però una su sedici era bianca e chissà perché ti sembrava sempre più buona delle altre. Borsello di pelle e mocassini di cuoio. Chiede un caffè, e ti stupisci che gli venga servito in tazzina bianca ‘haiti’ e non marrone dentro bianca spessa sette millimetri. Tira fuori due euri che sembrano cinquecento lire, incassa il resto e se ne va.
Il professore” dice Claudio, “era da ‘n po’ che ‘n se vedeva”. Vive rintanato in una mansarda con vista Casilina, ma dopo il fiume di macchine e il trenino si vede l’acquedotto, e scrive la ‘Storia del vino. Dalla preistoria all’Italia dei sommelier’, ma a guardarlo bene sembra che si dedichi più allo studio della materia che alla sua futura divulgazione.
Velocissimo apri-e-chiudi, tic-toc da tacco 12 e sbuffo di chanel n° 5. Non serve neanche girarsi per sapere che è scoccata l’ora della ‘bionda’, Federica. Bella e impossibile e per questo è ancor più bella, schiocchi di bacetti lanciati all’aria per coerenza col personaggio e cicaleggio di ‘tesoro mio’ e ‘bello come stai’. Rapido accavallarsi di gambe che promettono il paradiso senza mantenere mai, almeno al di là di Porta Maggiore, secondo i maligni che forse c’avevano sperato più del lecito.
Il mio bicchiere è vuoto, e per stasera va bene così.

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