giovedì 30 agosto 2007

Il sogno/1 - Parte Seconda

[...]

“Ah no? E allora cosa ci sei venuto a fare qui?”. Dal tono con cui lo incalzava sembrava che Penna-rossa si stesse divertendo molto. “Il tuo dolore non è un male?”. Continuò. “E tu forse non vuoi guarire?”, disse, soffiandogli in faccia una nuvola di fumo.
“S-sì..”, rispose Alfredo tra i singhiozzi.
Penna-rossa lo prese per le spalle e lo sbattè con violenza contro il muro della casupola. I due si fissarono, gli occhi del tipo presero a mutare, si allargarono all'insù mentre le iridi volgevano verso quel grigio-cielo-di-novembre che lui conosceva così bene e che non avrebbe mai potuto confondere.
“Aiutami amore, io non voglio morire...”, le labbra erano di Penna-rossa, ma gli occhi e la voce erano suoi, erano di Gabriella, e quelle erano le ultime parole che gli aveva rivolto, l'ultima volta che l'aveva vista viva. Poi era fuggito dalla sua stanza, da quel letto su cui la sua donna spendeva le ultime ore di vita. E quando era rientrato, poco dopo, lei era fredda, spenta, morta, consunta da quel dannato 'male incurabile'.
“Aaaarrrrrhh”. Stavolta l'urlo era vero, ed era suo, di Alfredo. Adesso era troppo per lui, crollò a terra pronto a fare qualsiasi cosa i tre tipi gli avessero chiesto, pur di far terminare quel supplizio. Anche andarsene via e abbandonare del tutto la folle idea che lo aveva portato fin lì, quella notte.
“Tu sei venuto fin qui, stanotte, perché speri di andartela a riprendere, non è così?”.
Alfredo rispose annuendo, i singhiozzi ora erano troppo forti.
“E non è un'idea del tutto sballata”, adesso assunse un tono decisamente professorale, svuotando la pipa e riponendola in una tasca dei suoi pantaloni da cavallerizzo. “Dalle tue parti credete che questa sia una porta dell'aldilà, dico bene?”, disse, indicando la casupola, e poi continuò senza attendere la scontata risposta.
“Ebbene è così, però se tu provassi a entrare qui dentro da solo, nel migliore dei casi ti troveresti in una stanza vuota, mentre nel peggiore... bè, non è una situazione che ci riguarda, almeno per il momento”.
Alfredo lo guardava basito. In un altromomento, in un altro posto, avrebbe bollato quel tizio come un cazzaro da due soldi, di quelli che portano le straniere a vedere la casupola – da lontano ben inteso – inventando storie paurose nella speranza di portarsele a letto, o meglio, per boschi. In quei momenti però, cominciava davvero a convincersi che fosse davvero lui la sua ultima e unica speranza.
“Se invece ti aiutiamo noi... potresti avere, diciamo, qualche possibilità. Eh sì, è proprio questo che siamo disposti a concederti, una possibilità, anzi, tante possibilità, perché questa storia non finisce certo stasera, giusto ragazzi?” si rivolse ai suoi compagni che fino a quel momento lo avevano guardato annoiati. Annuirono all'unisono, senza dire nulla.
“Cosa vuol dire che non finisce stasera?”, chiese Alfredo, che un minimo si era ricomposto. La curiosità e la speranza avevano avuto la meglio sulla paura e lo sbigottimento.
“Prova ad affacciarti dentro, adesso”.
Alfredo fece pochi passi, arrivò davanti quell'ingresso tanto temuto e su cui ne aveva sentite di tutti i colori. Guardò dentro e trasalì. Aveva pensato a lungo a cosa avrebbe visto una volta trovato il coraggio di entrare lì dentro, ma mai avrebbe immaginato quello che ora vedeva davanti a lui.
La luce della luna piena si diffondeva in uno spazio che gli parve infinito, rendendo visibile una fila incredibile di persone, di tutte le razze. Centinaia, forse migliaia di persone si snodavano formando un 'serpentone' di cui Alfredo non riusciva a vedere la fine. Tutti uno dietro l'altro, con lo sguardo assente fisso in un punto indefinito. Notò subito la differenza di colore tra quelle persone: alcune sembravano vive e reali quanto lo era lui; altre invece, erano come sbiadite o offuscate, eppure, come tutti, proiettavano la propria ombra alla luce della luna.
Sentì una mano sulla spalla, era Penna-rossa.
“Lei è lì, da qualche parte”.
“Tu come lo sai? Chi sono loro?”, rispose Alfredo.
“Non fare lo scemo, loro sono i morti, e la tua Gabriella è in mezzo a loro, o almeno credo”.
“Cosa vuol dire 'almeno credo?'”.
“Vuol dire che questa casupola che voi umani evitate da millenni è veramente un punto di contatto con l'aldilà, e che se sei fortunato stasera stessa rivedrai la tua Gabriella”.
Alfredo ormai era totalmente in bambola. Anziché lanciarsi in mezzo a quelle persone rimase lì a fissare quello strano tipo che fino a quel momento non aveva fatto altro che tormentarlo.
“E se non c'è?”. Chiese .
“Se non c'è la vedrai un'altra volta, ma... guarda, non è quella lì, liggiù dietro quel tipo alto e pelato”.
Alfredo guardò e per un attimo si sentì come se il cuore stesse per schizzargli fuori dal petto. Là, pochi metri avanti a lui, una silhouette inconfondibile, alta, snella, con lunghi capelli biondi ad accarezzare le spalle, una borsetta stretta tra le mani.
Era lei!
Per un attimo si chiese come avesse fatto a non notarla subito, ma non attese la risposta.
Stava per lanciarsi, quando Penna-rossa lo afferrò per il collo.
Ah-ah, ancora non ci siamo messi d'accordo”, e Alfredo sentì che stava per fracassare la sua stupida testa pelata contro il muro.



...continua

2 commenti:

Il Gabbrio ha detto...

Il raccontino ha preso una piega decisamente piacevole, e la mia curiosità aumenta...bravo!!!
La storia d'amore funzione sempre ed io sono uno dal cuore tenero...

P.S.
Ti ho mandato la sceneggiatura di memorie dall'invisibile con una jumbo mail perché è grossa 15 mega...se non ti è arrivata o hai dei problemi a scaricare il file, appena sarà possibile vederci, te la metto su un cd...ciao!

Stefano ha detto...

contento della tua curiosità, e anche della sceneggiatura, scaricata ma non ancora letta. grazie!