lunedì 30 luglio 2007

Nascita di una passione


Estratto da 'Maggica Roma', pubblicato per Malatempora a novembre 2006. Il libro racconta la mia passione per il calcio e per la Maggica. Qui racconto come tutto è cominciato.

Non era una notte buia e tempestosa, ma una sera abbastanza scura e decisamente fredda, di quel freddo di fine inverno, quando la brutta stagione ormai agonizzante sotto i colpi del sole di quasi/primavera, dà gli ultimi colpi di coda tanto per non farti dimenticare che tra qualche mese sarà di nuovo fuori la tua porta.
Il giardino era chiaramente off–limits per ragioni metereologiche, però io avevo ricollocato il mio stadio personale in salotto, con un divano e lo spazio tra la poltrona e il corridoio come porte, e le linee delle mattonelle a disegnare le aree di rigore. Era tutto perfetto, peccato che il Super Santos fosse bandito in quanto troppo pericoloso per vasi e suppellettili varie, ma la mia palletta di spugna andava più che bene.
Quella sera però, mancavano gli avversari. Anzi, l’avversario: papà. Era incomprensibilmente paralizzato davanti la tv, eppure non poteva non sapere che era l’ora della partita serale. Sapeva benissimo lui, ma quella sera c’era la Roma in Coppa UEFA.
Provai a recuperare la sua attenzione, inizialmente sbigottito, (“ma come è possibile restare immobile a guardare una partita quando hai la possibilità di giocarla tu?” mi chiedevo); poi decisamente contrariato: già erano arrivate due sorelle minori a spogliarmi progressivamente dei miei insindacabili privilegi di figlio maschio e unico, non potevano togliermi anche l’unico diritto che mi era rimasto, la partitella serale appunto.
Poi, un po’ per le suppliche di papà, un po’ perché tutto sommato la partita mi incuriosiva, mi lasciai convincere e mi misi seduto anch’io.
A dir la verità la prima cosa che mi colpì fu il pallone rosso che i giocatori utilizzavano a causa della neve, ricordava il mio Super Santos parcheggiato nello sgabuzzino in attesa della bella stagione.
Cominciò così la mia carriera di tifoso, all’età di sette anni, con una sconfitta per 3–1 in casa della Dinamo Dresda, negli ottavi di finale di Coppa UEFA 88/89.
Al contrario di mio padre, che aveva la tipica aria accigliata da batosta pallonara che poi ho imparato a conoscere così bene, presi la sconfitta con aplomb anglosassone e sportività distaccata, soprattutto perché, come avevo saputo poc’anzi, ci sarebbe stata la partita di ritorno per recuperare. E a Roma sicuramente gliele avremmo suonate.
Anche questa cosa del ritorno mi intrigò non poco, mi ricordava le reiterate rivincite che rendevano le mie partite di allora una cosa infinita. Purtroppo il regolamento UEFA aveva ed ha tuttora altri canoni, e così, al ritorno, o la va o la spacca.
Roma–Dinamo Dresda fu la prima partita che seguii per intero. Perdemmo 2–0, fummo sbattuti fuori dalla Coppa e io, per la prima volta, piansi per una partita di calcio.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao scrittore,
che dire? sai già che il libro mi è piaciuto...l'ho letto in bozza!Anche se la parte che hai inserito nel blog non è quella che preferisco...(-:
PS: è il mio mac che non mi permette di risponderti...vediamo se con il PC ce la faccio

Anonimo ha detto...

good start

Anonimo ha detto...

imparato molto