lunedì 8 ottobre 2007

Il sogno/1 - Parte Decima





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La sera successiva, per la prima volta da un mese a quella parte, Alfredo non andò nel bosco. Non che non volesse, tutt'altro. Il desiderio e la speranza di rivedere ancora la sua Gabriella davano vita in lui a un'impellenza inaudita, più forte di qualsiasi bisogno fisico.
Quella notte però, quasi facendosi violenza decise di rimanere a casa, non per riposarsi – eppure ne avrebbe avuto un gran bisogno – ma per cercare di inquadrare in un filo logico gli avvenimenti che gli erano capitati da quando aveva deciso di violare il tabù della casupola. E, soprattutto, voleva dare un senso alle ultime parole di Lamiah della notte precedente: “Poi ti spiegherò come diventare più potente di lui”, gli aveva detto prima di mandarlo via. Come avrebbe potuto diventare più forte di un entità in grado di riportare i morti sulla terra, era per lui un angosciante mistero. Eppure sentiva che quello era l'unico modo per non separarsi di nuovo dalla sua donna. E poi chissà, se fosse riuscito a sconfiggere Erlik, probabilmente avrebbe anche potuto riportare in vita Gabriella. Non sapeva come infatti, ma sentiva che tra tutte le cose che gli aveva vietato Penna-rossa la prima volta che si erano incontrati, ce n’era almeno una che gli avrebbe permesso di riportare in vita la sua donna. Certo, poi sarebbero dovuti scappare da lì, nessuno in quel paese ignorava la morte di Gabriella, tutti avevano visto il suo cadavere nella bara. Ma quello era l'ultimo dei problemi, adesso Alfredo aveva tutt'altro a cui pensare.
Ripercorse mentalmente il momento in cui aveva preso la decisione di imbarcarsi in un'impresa folle, che nessuno degli abitanti del luogo avrebbe mai avuto il coraggio di intraprendere.
Ripensò a tutte le storie che aveva sentito su quel luogo misterioso, e che in larga parte aveva scoperto infondate. C'era chi diceva che fosse la dimora del diavolo, altri ancora sostenevano che lì, secoli prima, era stato consumato un terribile delitto, senza sapere bene chi avesse ammazzato chi, ma comunque qualcosa di così terribile che le anime delle vittime vagavano ancora nei dintorni, assetate di vendetta.
C'era infine, chi diceva che quella strana costruzione fosse un punto di contatto con l'aldilà, e Alfredo sapeva bene che questa era la versione esatta. Cercò di ricordare la prima volta in cui aveva sentito parlare di questa leggenda, e all'improvviso, tra il ricordo di una notte passata al cimitero con i suoi amici d'infanzia, scampoli di conversazioni 'paurose' con i cugini più grandi e chiacchiere al bar dopo tre–quattro–cinque birre, la mente gli si illuminò di un ricordo che oramai aveva rimosso: la vecchia Sterina abitava dietro la Chiesa, in una stradina arroccata quasi all'altezza del campanile, distante pochi metri in linea d'aria. Lassù non andava mai nessuno. Le case intorno alla sua erano tutte disabitate e diroccate, e in più su quella povera vecchia giravano strane voci. Si diceva che fosse una strega, che fosse in grado di parlare coi morti e di compiere chissà quali incantesimi. Lei in realtà passava le giornate ad intrecciare canestri davanti la porta di casa.
Ad Alfredo quella strana donna aveva sempre suscitato un misto di curiosità, simpatia e timore reverenziale. Finché un giorno, aveva undici–dodici anni circa, la incontrò sulla salita che portava a casa sua, china sotto un enorme cesto carico di legna per il camino. La aiutò a portarla fin su, e da allora prese ad andarla a trovare, di nascosto sia dai genitori – che lo avrebbero castigato – che dagli amici – che, più prosaicamente, l'avrebbero preso per matto.
Gli piaceva stare con quella vecchia, farle compagnia, guardarla intrecciare i canestri, darle una mano nei lavori pesanti. In cambio lei gli raccontava delle storie. Gli raccontava del marito, morto in guerra, dei suoi antenati, un tempo ricchissimi, tanto da possedere quasi tutto il paese, e poi misteriosamente, neanche lei sapeva spiegare come, caduti in rovina. E poi, soprattutto, gli raccontava le leggende del luogo, storie di streghe, fantasmi, gnomi e folletti. Ma mai, mai, mai, lei aveva accennato alla casupola.
Fin a quando una volta lui, colmo di curiosità, non aveva tirato fuori l'argomento.
Erano nell'unica stanza che costituiva la casa della vecchia, davanti a un fuoco scoppiettante. Dalla finestra si poteva vedere il cielo sbrilluccicante di stelle come lui non l'aveva mai visto. Era un tardo pomeriggio di dicembre, il cielo era scuro e limpido come può essere solo nell'ultimo mese dell'anno, e l'aria era satura della luce delle stelle orfane della luna e per questo ancora più luminose del solito, uniche padrone di quel cielo che dominava il paese vuoto sotto un'aria gelida da tagliare in pezzi ogni minima parte di corpo scoperta.
“Sterina, ma cosa c'è dentro quella casupola vicino al bosco? Perché nessuno ci si avvicina?”
La vecchia alzò lo sguardo dal cesto che stava intrecciando, guardò quel ragazzino curioso che da qualche tempo le aveva fatto riscoprire la gioia della compagnia, e poi guardò fuori, come se stesse chiedendo una risposta al cielo che faceva capolino dalla grande finestra accanto al camino.
“Non c'è niente lì dentro, Alfredo – stranamente, al contrario di tutte le vecchie del paese, lei parlava un ottimo italiano – quella casa è un tramite, un passaggio”.
“E dove porta?” insisté il ragazzino.
La vecchia sospirò ancora, poi tornò a intrecciare il canestro. Alfredo si era quasi rassegnato quando lei riprese a parlare. “Quella casa è un passaggio per il regno dei morti. A volte ai morti è concesso di passeggiare sulla terra, e da lì possono uscire e tornare nel nostro mondo. Solo per poco però”.
“Perché solo per poco? E perché allora la gente non va lì a vedere i propri cari morti?”
“Ma la gente questa cosa non la sa” rispose la vecchia, ignorando la prima parte della domanda.
“E tu perché la sai?”
“Io lo so perché lì andavo a incontrare mio marito, fino a pochi anni fa”.
“Tuo marito?”
“Sì, mio marito. Andavo lì quasi tutte le notti, quando le gambe me lo permettevano, e se ero fortunata lo trovavo lì fuori ad aspettarmi, e passavo la notte con lui”.
“E ora perché non ci vai più?”
“Sono vecchia e stanca, non ce la farei ad arrivare fino a lì. E poi ormai, mio marito me l'hanno portato via”. Parlava con tono indifferente, come se stesse facendo una lista della spesa. Però gli occhi cominciavano a inumidirsi.
Alfredo impietoso però, la incalzava. “Chi te l'ha portato via?”
La vecchia cominciò a singhiozzare, con le lacrime che si infilavano nei solchi scavati dalle rughe sul suo viso. “Una strega me l'ha portato via! Una strega! Alfredo, stammi bene a sentire, tu lì non ci devi mai andare, perché tu sei come me, tu hai il dono, e questa è una cosa molto pericolosa”:
“Quale dono?”
“Tu puoi vedere gli spiriti, e questo a loro piace, e non va bene. Promettimi che non ci andrai mai”.
“Lo prometto – certo di dire la verità – ma perché è pericoloso? E perché la strega si è portata via tuo marito?”
“Perché loro ne hanno bisogno. Hanno bisogno di noi vivi! È l'unico modo che hanno per...” Fu interrotta dall'orologio che suonava le sei del pomeriggio. Si riscosse, smise di singhiozzare, e intimò al ragazzino “Ora vai che tua madre ti aspetta, non farla stare in pensiero”.
“Ma la storia...”
“Te la racconterò domani. Ora vai, su.” Gli diede un bacio sulla guancia e lo mandò via. Poi però, uscendo da lì, Alfredo incrociò suo padre che era uscito a cercarlo, preoccupato di saperlo in giro con quel freddo glaciale.
Subì una delle sgridate più tremende della sua vita, e, chiaramente, non andò più a trovare la vecchia Sterina.
Erano passati quasi vent'anni da quella storia che lui aveva completamente rimosso.
Adesso che ricordava, decise di tornare dalla vecchia. Era ancora viva e abitava sempre lì. L'ora tarda non era un problema, lei aveva sempre dormito poco, e poi, se avesse visto la luce spenta sarebbe tornato indietro.
Arrivato alla strada dove abitava la vecchia si fermò un attimo ad assaporare i vecchi ricordi, pensando a quando arrivava lì circospetto e attento per non farsi vedere, e pieno di timore ed eccitazione per le storie che giravano sulla vecchia donna.
Stavolta invece si sentiva tranquillo. In fondo aveva visto ben di peggio che una povera vecchia sola e calunniata.
Stava per riprendere il passo quando vide una ragazza uscire dalla casa della vecchia. La luce in quel punto era flebile, ma riconobbe immediatamente Lamiah, nonostante il volto fosse coperto dal cappuccio del saio grigio che indossava.
La chiamò, lei non si girò, come se non avesse sentito, ma allungò il passo.
Alfredo cominciò a rincorrerla per i vicoli del paese. Un dedalo di stradine che si attorcigliavano tra di loro attorno la vecchia chiesa, chiunque non fosse stato pratico dei luoghi si sarebbe perso dopo massimo due o tre svolte. La ragazza però procedeva spedita, chiaramente in direzione del bosco. Così spedita che Alfredo la perse. Si trovò a un bivio, entrambe le stradine portavano fuori paese, ma per vie diverse. Rimase immobile a riflettere sul da farsi, nel buio e nel silenzio della notte.
All'improvviso sentì una mano sulla spalla.
Fu come se tutto il sangue delle sue vene precipitasse all'improvviso verso i suoi piedi. Si sentì mancare le forze per la paura e la testa ronzare come piena di uno sciame di api.
Poi si sentì chiamare.
Riconobbe la voce e, non sapendo se essere felice o disperato, si girò.



continua...


non c'entra nulla con il racconto, ma qui potete scaricare uno speciale su 'la casta', cui ho partecipato anche io.

7 commenti:

Il Gabbrio ha detto...

Cavolo, mi assento per un paio di giorni e mi trovo la parte nona e decima in un solo colpo!!!
Ho gradito particolarmente la parte decima, molto intima, con belle descrizioni e incuriosisce tanto!!!
Ci si sente all'undicesima!!!

Stefano ha detto...

e magari l'ambientazione 'paesana' ti è pure un po' familiare ;-)
ciao!

Spiridion ha detto...

Carino il racconto.

Ahimè non riesco ad accedere alla recensione del blog..

C'è un problema sul sito o sono stupido io?

Almeno ho letto una storiellina piacevole...ora recupererò con calma dall'inizio....

Stefano ha detto...

ciao Giulio, non so che dirti, a me funziona tutto, prova dall'hp di malatempora.com (è tra i miei link), lì c'è il collegamento per arrivare al web mag. ciao!

Gisel_B ha detto...

bello il racconto della vecchina, mi e' quasi familiare. come anche il paesino e la chiesa.
aspetto col fiato sospeso la prossima puntata!
bacio

Stefano ha detto...

grazie gisèl, non credo dovrai aspettare molto

Il Gabbrio ha detto...

noto che anche tu non aggiorni da un pò...mi sento più sollevato... : )